Quanti di noi, da bambini, sono rimasti affascinati dai dinosauri? Li consideravamo e li consideriamo tutt’ora delle creature fuori dal Tempo, così distanti da noi da sembrare dei miti, delle leggende alla stregua di sirene e arpie… Eppure questi miti hanno lasciato delle tracce del loro passaggio, delle vere e proprie orme, sparse in tutto il mondo. Solo in poche sono state portate alla luce dalla tomba di detriti e terra in cui giacevano da milioni di anni. E la maggior parte di queste sono state rinvenute per caso.
Anche l’Italia ha le sue preziosissime testimonianze di queste creature meravigliose, sebbene per niente affatto conosciute o tenute in considerazione. Sono lasciate sotto il calore del sole e il gelo della notte, senza alcuna protezione da intemperie, mentre osservano il cielo mutare sopra di esse, sperando che qualcuno le noti e se ne prenda cura… Le cave abbandonate in cui sono state scoperte offrono, purtroppo, un mero riparo e stanno via via degradandosi, rischiando di sommergerle di nuovo.
Com’è possibile lasciare incustodite queste tracce che potrebbero fare concorrenza al Jurassic Park di Crichton? Basterebbe un po’ di fantasia da parte dei comuni per creare qualcosa di sorprendente che attiri turisti da tutto il mondo. Ma forse qualcosa si sta muovendo. A quanto pare, il nuovo sindaco di Sezze sta valutando di aprire l’area delle orme di dinosauro al turismo. Noi possiamo solo che incrociare le dita!
In questo articolo vogliamo parlarvi delle prime orme di dinosauro che abbiamo mai visto in vita nostra. Nel 2017, dopo aver scoperto per caso della presenza di impronte di dinosauro in Italia, ci siamo informati e siamo andati in provincia di Latina, nella cittadina di Sezze. Eravamo talmente curiosi ed eccitati che ci chiedevamo ogni minuto del viaggio che aspetto avessero queste orme. Non avevamo la minima idea di quello che ci stava aspettando…
Dopo aver parcheggiato presso la cava abbandonata, abbiamo oltrepassato la recinzione, rotta in alcuni punti. Ci siamo così immersi in un’altra epoca. Il bianco suolo ghiaioso e gli arbusti tipicamente mediterranei facevano da contorno a un’enorme parete di roccia bruno rossiccia che sormontava i macchinari da lavoro. Carrucole, nastri trasportatori e torrette assumevano un aspetto decisamente estraneo e inquietante nelle prime ore dell’alba. Sembrava che quel luogo fosse saltato fuori dal film di Steven Spielberg e che noi ci fossimo capitati dentro per sbaglio. L’aura di abbandono aleggiava su ogni cosa.
Vieni a scoprire le orme di dinosauro di Sezze!
Con cautela, temendo forse di risvegliare qualche belva immaginaria, ci siamo messi alla ricerca delle impronte. Come due pazzi, abbiamo osservato il suolo per vari minuti, cercando di scorgere anche la più piccola traccia. Proprio quando avevamo raggiunto il culmine dello scoraggiamento, ecco che spunta uno strano solco nella roccia.
L’abbiamo studiato da tutte le angolature, finché non abbiamo capito che eravamo al cospetto di una piccola orma di dinosauro! L’emozione è stata talmente forte che avevamo le lacrime agli occhi. Da quel momento in poi ne abbiamo trovate a decine. Non smettevamo più di gridare “Eccone una!” e correre da una parte all’altra.
Queste impronte sono la più importante scoperta paleontologica dell’Italia Centrale. Hanno totalmente sconvolto la convinzione che il bacino mediterraneo fosse un immenso oceano. Con questo ritrovamento, infatti, si venne a conoscenza della presenza di terre emerse caratterizzate da un clima tropicale. Le centinaia di orme ritrovate a Sezze risalgono a circa 95 milioni di anni fa e appartengono a diverse specie di dinosauro, quali piccoli bipedi carnivori e sauropodi erbivori, come… tenetevi forte… i brontosauri! Chi non ha mai sognato di accarezzare o cavalcare un brontosauro? Con i loro colli lunghi e i loro occhi mansueti hanno sempre invogliato le diverse generazioni a desiderarli come ‘animali domestici’… E nel nostro piccolo, noi abbiamo potuto accarezzare le loro orme!
Ma come hanno fatto queste impronte ad arrivare fino a noi? Come hanno fatto i dinosauri a lasciarle? La risposta è più semplice di quello che ci si aspetti. A quei tempi le terre erano da poco emerse dall’oceano. Questi animali hanno ‘passeggiato’ su un’area fangosa lambita dal mare che, nel corso del tempo, si è solidificata. Vari detriti l’hanno sommersa, permettendone così la conservazione. Sembra come se la natura abbia voluto che noi scoprissimo queste meraviglie, ricordandoci che non siamo gli unici esseri viventi che hanno abitato la Terra e di moderare la presunzione del genere umano.
Ci domandavamo come si potesse valorizzare un luogo simile… La nostra fantasia guizzava da un’idea all’altra, trovando ogni volta un modo diverso per preservare quel luogo pazzesco. Naturalmente eravamo gli unici turisti, nonostante fosse una limpida giornata di inizio estate. Perché non ci si è mai impegnati a dovere per quest’area archeologica di importanza mondiale? Oltre ad aver ‘elevato’ il parco di Sezze a Monumento Naturale, la Regione Lazio non ha mai preso in considerazione la possibilità di farne un’attrazione… Per di più, nelle zone limitrofe, sono presenti numerosi ripari preistorici, alcuni dei quali hanno ancora delle pitture rupestri.
Alcuni sono facilmente raggiungibili, come il Riparo dell’Arnalo. Altri, invece, sono momentaneamente inaccessibili, come il Riparo Roberto, sopra il quale è stato costruito un poligono di tiro, invece di un percorso storico-naturalistico. Ma, all’inizio, ciò non ci ha scoraggiati. Sta di fatto che la nostra determinazione e il nostro fastidio ci hanno spinti ad attraversare l’area del poligono alla ricerca di un sentiero per le pitture rupestri. Siamo però tornati indietro a mani vuote… Tuttavia, questo spiacevole episodio non toglie la speranza che riponiamo nel nuovo sindaco di Sezze. Gli auguriamo davvero di riuscire a realizzare il progetto per la Cava di Petrianni.
Se vi capita di andare al mare verso Latina, non perdetevi l’emozionante ricerca di un’impronta di dinosauro! Ovviamente, spesso si tratta di semplici solchi nella roccia dai margini indefiniti. Altre volte si riesce ancora a individuare il profilo delle dita e del palmo, dopo quasi 100 milioni di anni.