L’Etruria è una regione ricchissima di siti archeologici etruschi sparsi su tutto il suo territorio, spesso molto vicini gli uni agli altri. Ma non sono i soli ad arricchire questa piccola porzione della regione laziale. Su un colle, lungo il corso del fiume Mignone, è arroccato il più antico edificio monumentale dell’Italia centrale: Luni sul Mignone.
Distante da qualsiasi agglomerato urbano per un raggio di almeno cinque chilometri, si tratta di un edificio scavato nella roccia tufacea, denominato ‘la casa del principe’. È risalente all’Età del Bronzo Finale, intorno al 1200 a.C., periodo in cui il colle era già occupato da numerose capanne, risalenti tra l’inizio del Bronzo Medio fino al Bronzo Finale.
Il primo giorno d’estate del 2017 siamo andati alla scoperta di questo sito preziosissimo. Sotto uno splendente sole afoso e le sferzate di un vento caldo, ci siamo avventurati in un inquietante luogo deserto. Le sconnesse strade sterrate erano difficili da percorrere e ogni sassolino sembrava potesse distruggere la macchina. Dopo aver superato stradine di campagna, abbiamo proseguito sul tracciato della ferrovia abbandonata di Monteromano, percorrendola nel più totale silenzio.
Davanti a noi lo sterrato bianco, contornato da muri cementati e vegetazione. Dietro di noi solo la polvere bianca che le ruote sollevavano al loro passaggio. Dopo poche centinaia di metri abbiamo incontrato una buia galleria ad arco.
L’interno era terrificante. I fari illuminavano solamente pochi metri davanti a noi. Temevamo e aspettavamo con impazienza l’attacco di un animale o di un’entità di qualche sorta. Superata la curva, il bagliore del sole in lontananza ha rischiarato l’uscita e ha riscaldato il nostro sangue gelato. L’atmosfera di abbandono gravava come un pesante sudario.
Lasciandoci la galleria alle spalle, abbiamo proseguito ancora un po’ sotto il sole soffocante. Dopo aver scartato ogni buca che incontravamo, abbiamo parcheggiato al lato della ferrovia e abbiamo continuato a piedi. Ci guardavamo alle spalle a ogni passo, sapendo però che quell’inquietudine era dovuta all’aura del posto. Alla fine, ci siamo addentrati nella boscaglia per seguire un sentiero tra le rocce tufacee.
Il frastuono delle cicale inondava l’aria, non sentivamo altro. Eravamo solo noi e la Natura. Mentre attraversavamo un boschetto, una figura scura nascosta tra la boscaglia è svanita nel nulla in un boato di rami spezzati. Molto probabilmente un animale, ma quale? La nostra mente ha creato creature mostruose con zanne appuntite, peli ispidi e artigli micidiali che avrebbero potuto attaccarci in qualsiasi momento. Ci siamo armati di un grosso ramo e abbiamo proseguito, guardinghi.
Usciti dalla piccola selva, abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Ma davanti a noi, il sentiero si biforcava. Dopo aver camminato avanti e indietro per il campo, abbiamo preso il percorso terroso che scendeva oltre massi di tufo. Il sole era insopportabile e il terreno sdrucciolevole. Non abbiamo demorso, nonostante non avessimo trovato i punti di riferimento che avevamo trovato su un sito web. Infine, il percorso ha iniziato a salire sul colle. Sulla sommità, abbiamo trovato pochi resti perimetrali di lunghe capanne quadrangolari risalenti alla Cultura Appenninica e relativi pannelli esplicativi. Li abbiamo letti rapidamente e siamo poi andati alla ricerca della nostra meta principale… Luni sul Mignone!
Il Pian di Luni è stato abitato fin dagli inizi dell’Età del Bronzo Medio, come la maggior parte delle colline. Perché questi popoli preferivano stabilirsi su alture invece che nella fertile pianura? La prima cosa che queste popolazioni tenevano in considerazione era la possibilità di difendere i propri villaggi. Pertanto, andavano alla ricerca di punti strategicamente favorevoli su cui erigere i propri insediamenti. Per questo motivo prediligevano alture e colline, specialmente tufacee a causa della facilità di lavorazione del materiale. Questa tendenza, infatti, venne sviluppata anche dagli Etruschi, in quanto anche loro solevano edificare le proprie città su colline di roccia tufacea.
Riparate sotto la fresca ombra di un capannone, spiccano due orbite vuote che scrutano il visitatore e lo incitano ad avvicinarsi. La struttura di tufo mantiene la temperatura costante ed è stato un fantastico riparo per due escursionisti accaldati dal sole di giugno. Nonostante sia invaso dalla vegetazione, l’edificio è ben visibile ed è stupendo. A nostro avviso è una delle strutture umane preistoriche più belle al mondo! Scendendo dalla collinetta tramite una scaletta dai pioli di ferro infissi nella roccia che conduce a stretti sentieri di tufo a strapiombo sulla valle del Mignone, si torna sull’antico tracciato della ferrovia, davanti a un affascinante ponte di ferro che passa sopra al fiume.
Poco distante c’è la vecchia stazione ferroviaria di Monteromano, ormai vandalizzata e invasa da rovi. Vi raccomandiamo di utilizzare possibilmente una vettura alta, altrimenti i sassi sconnessi sulle strade di campagna potrebbero danneggiarla. Invece, se non volete rischiare, potete benissimo accosatare l’auto in qualche piccolo spiazzo e percorrere quei pochi chilometri che vi separano dall’inizio del percorso. In ogni caso, potete godervi lo spettrale percorso ferroviario abbandonato… e, se sarete fortunati, potrete ancora udire l’eco delle ruote del treno che stridono sulle rotaie fantasma…
Buona escursione!!