Cos’è una città fantasma? E perché è
chiamata in questo modo? Il termine ‘città fantasma’ sta ad indicare una città,
o anche semplicemente un borgo o un villaggio, totalmente disabitata e abbandonata
all’incuria della natura. Tutte le città fantasma hanno la loro tragica storia
che ha portato gli abitanti ad abbandonarle definitivamente. Cosa sarà successo
a San Pietro Infine? Scopriamolo insieme…
chiamata in questo modo? Il termine ‘città fantasma’ sta ad indicare una città,
o anche semplicemente un borgo o un villaggio, totalmente disabitata e abbandonata
all’incuria della natura. Tutte le città fantasma hanno la loro tragica storia
che ha portato gli abitanti ad abbandonarle definitivamente. Cosa sarà successo
a San Pietro Infine? Scopriamolo insieme…
L’interno di una casa con i resti del camino |
Tutti noi abbiamo studiato le Grandi Guerre
dell’ultimo secolo o, almeno, ne abbiamo sentito parlare. I pochi trentenni ad
avere ancora in famiglia nonni ultraottantenni sono gli unici fortunati che
possono vantare il privilegio di ascoltare pezzi di storia su questi conflitti
mondiali. Chi, da bambino, non ha mai chiesto: “Nonno, com’era la guerra?”.
Purtroppo, o per fortuna, il bambino per ingenuità non riesce a comprendere gli
orrori che questa parola scatena nelle persone che l’hanno vissuta sulla
propria pelle e che, magari, sono vive per un caso fortuito! È un qualcosa che
la maggior parte della gente cerca di dimenticare, evita di parlarne, fugge da
quella verità che ha sotterrato insieme ai membri della propria famiglia, ai compaesani
o ai commilitoni del proprio reggimento. Il concetto di “guerra” è talmente
ampio e terrificante che una mente normale non può concepirlo. Tuttavia, la
Seconda Guerra Mondiale ci ha lasciato alcuni importanti indizi di ciò che è
stata. In questo articolo vogliamo parlare di una cittadina che, fino al 1939,
prosperava in tutta tranquillità.
dell’ultimo secolo o, almeno, ne abbiamo sentito parlare. I pochi trentenni ad
avere ancora in famiglia nonni ultraottantenni sono gli unici fortunati che
possono vantare il privilegio di ascoltare pezzi di storia su questi conflitti
mondiali. Chi, da bambino, non ha mai chiesto: “Nonno, com’era la guerra?”.
Purtroppo, o per fortuna, il bambino per ingenuità non riesce a comprendere gli
orrori che questa parola scatena nelle persone che l’hanno vissuta sulla
propria pelle e che, magari, sono vive per un caso fortuito! È un qualcosa che
la maggior parte della gente cerca di dimenticare, evita di parlarne, fugge da
quella verità che ha sotterrato insieme ai membri della propria famiglia, ai compaesani
o ai commilitoni del proprio reggimento. Il concetto di “guerra” è talmente
ampio e terrificante che una mente normale non può concepirlo. Tuttavia, la
Seconda Guerra Mondiale ci ha lasciato alcuni importanti indizi di ciò che è
stata. In questo articolo vogliamo parlare di una cittadina che, fino al 1939,
prosperava in tutta tranquillità.
Vialetto interno di San Pietro Infine |
Affascinati da questa preziosa testimonianza storica,
in una bella giornata di sole ci siamo diretti alla volta del Parco della
Memoria Storica, eccitati da questa scoperta. Passeggiando tra gli stretti
vicoli che caratterizzano tutti i borghi italiani, salendo le scale in pietra,
calpestando gli stessi sampietrini sui quali erano passati di corsa gli
abitanti superstiti, siamo stati assaliti da un senso di ansia e terrore come
se stessimo vivendo gli ultimi istanti di vita di quel paese. Un enorme peso ci
gravava sul cuore. La vista dei buchi sui tetti prodotti dalle bombe, delle
macerie di travi, tegole e arredamento che giacevano all’interno delle
abitazioni, delle chiavi ormai arrugginite lasciate nelle serrature ricoperte
di ragnatele, ci ha toccato talmente tanto da farci riflettere ancora di più
sul vero significato della parola “guerra”, sottovalutato dalla maggior parte
della gente. Quella gente aveva una casa, una famiglia, degli affetti che, per
colpa dei capricci di persone più “importanti”, ha dovuto abbandonare nella
fretta di salvare ciò che rimaneva della propria vita.
in una bella giornata di sole ci siamo diretti alla volta del Parco della
Memoria Storica, eccitati da questa scoperta. Passeggiando tra gli stretti
vicoli che caratterizzano tutti i borghi italiani, salendo le scale in pietra,
calpestando gli stessi sampietrini sui quali erano passati di corsa gli
abitanti superstiti, siamo stati assaliti da un senso di ansia e terrore come
se stessimo vivendo gli ultimi istanti di vita di quel paese. Un enorme peso ci
gravava sul cuore. La vista dei buchi sui tetti prodotti dalle bombe, delle
macerie di travi, tegole e arredamento che giacevano all’interno delle
abitazioni, delle chiavi ormai arrugginite lasciate nelle serrature ricoperte
di ragnatele, ci ha toccato talmente tanto da farci riflettere ancora di più
sul vero significato della parola “guerra”, sottovalutato dalla maggior parte
della gente. Quella gente aveva una casa, una famiglia, degli affetti che, per
colpa dei capricci di persone più “importanti”, ha dovuto abbandonare nella
fretta di salvare ciò che rimaneva della propria vita.
Il tetto sfondato dalle schegge di una bomba, tra le macerie si possono trovare i resti dei sanitari e dei fili elettrici |
Una chiave lasciata per la fretta nella serratura di un’abitazione |
Quanto è costata loro quella
scelta? Con quanti rimpianti hanno vissuto negli anni a venire? Quanto tempo ci
hanno messo per rifarsi una vita? Più ci domandavamo e più ci saliva un groppo
alla gola. Questo luogo è stato testimone dei misfatti più atroci che l’uomo
abbia potuto compiere. Anche se, a prima vista, non sembra. Il sole scalda
ancora le mura dell’abitato, la vegetazione cresce rigogliosa tra le case, gli
animali scorrazzano indifferenti sulle rovine. Tutto fa supporre che sia un
luogo pacifico. Ed ora lo è davvero. Sentivamo solamente il respiro del vento
che faceva stormire le foglie e i nostri passi sul selciato. A prova di ciò,
mentre uscivamo dai ruderi del paese, abbiamo incontrato una creaturina che,
per la simbologia che le viene attribuita, ci è parsa piuttosto paradossale:
una colomba, simbolo di pace, passeggiava placida sulla strada di fronte
all’abitato devastato dalla guerra. È stata un’immagine che ci ha lasciati
interdetti e, ancora adesso a distanza di qualche anno, non riusciamo a
capacitarcene.
scelta? Con quanti rimpianti hanno vissuto negli anni a venire? Quanto tempo ci
hanno messo per rifarsi una vita? Più ci domandavamo e più ci saliva un groppo
alla gola. Questo luogo è stato testimone dei misfatti più atroci che l’uomo
abbia potuto compiere. Anche se, a prima vista, non sembra. Il sole scalda
ancora le mura dell’abitato, la vegetazione cresce rigogliosa tra le case, gli
animali scorrazzano indifferenti sulle rovine. Tutto fa supporre che sia un
luogo pacifico. Ed ora lo è davvero. Sentivamo solamente il respiro del vento
che faceva stormire le foglie e i nostri passi sul selciato. A prova di ciò,
mentre uscivamo dai ruderi del paese, abbiamo incontrato una creaturina che,
per la simbologia che le viene attribuita, ci è parsa piuttosto paradossale:
una colomba, simbolo di pace, passeggiava placida sulla strada di fronte
all’abitato devastato dalla guerra. È stata un’immagine che ci ha lasciati
interdetti e, ancora adesso a distanza di qualche anno, non riusciamo a
capacitarcene.
La colomba che vagava di fronte ai resti di San Pietro Infine |
L’area intorno a San Pietro Infine, tra il IV e il III
secolo a.C., fu contesa tra la popolazione degli Osci e dei Sanniti e in
seguito, nella terza guerra sannitica, venne conquistata dai Romani. Il borgo,
invece, è di origine medievale. Già nel novembre del 1943 il paese fu teatro di
tre orribili stragi naziste nelle quali furono uccisi circa venti abitanti che
cercavano di sopravvivere agli stenti. Nel dicembre del 1943, poiché San Pietro
Infine si trovava sulla Linea Reinhard, fu quasi completamente raso al suolo da
quindici giorni di aspri bombardamenti tra tedeschi ed angloamericani, durante
i quali i superstiti si rifugiarono nelle grotte scavate nei fianchi della
collina. Solo nel 1950 venne iniziato un piano di ricostruzione per dare ai
superstiti di San Pietro Infine un nuovo luogo da poter chiamare “casa”.
secolo a.C., fu contesa tra la popolazione degli Osci e dei Sanniti e in
seguito, nella terza guerra sannitica, venne conquistata dai Romani. Il borgo,
invece, è di origine medievale. Già nel novembre del 1943 il paese fu teatro di
tre orribili stragi naziste nelle quali furono uccisi circa venti abitanti che
cercavano di sopravvivere agli stenti. Nel dicembre del 1943, poiché San Pietro
Infine si trovava sulla Linea Reinhard, fu quasi completamente raso al suolo da
quindici giorni di aspri bombardamenti tra tedeschi ed angloamericani, durante
i quali i superstiti si rifugiarono nelle grotte scavate nei fianchi della
collina. Solo nel 1950 venne iniziato un piano di ricostruzione per dare ai
superstiti di San Pietro Infine un nuovo luogo da poter chiamare “casa”.
Una delle grotte in cui si sono rifugiati gli abitanti di San Pietro Infine durante l’occupazione nazista |
È orribile il modo in cui l’uomo si comporta ancora
oggi nei confronti dei suoi simili e di ciò che lo circonda. Ci chiamiamo homo
sapiens sapiens, ma non abbiamo neanche un briciolo di questa sapienza di
cui andiamo tanto fieri. Si sente in giro gente che, pur non avendo vissuto in
quell’epoca e non conoscendo in prima persona gli orrori della guerra, inneggia
ancora a Hitler o a Mussolini come eroi nazionali, professandosi nazista o
fascista! Quanta superficialità e stupidità c’è in giro! Quanta poca empatia
per le sofferenze altrui! La guerra non è un gioco, come fanno vedere nei
moderni videogiochi, in cui c’è un vincitore e un vinto, un nemico e un
alleato. Tutti sono perdenti, tutti sono assassini! Non esiste compassione, i civili
sono praticamente dimenticati e lasciati morire! Non c’è fine che giustifichi il
mezzo, ciò che conta è l’atto che si compie. Smettiamola, dunque, di provare
rabbia o rancore ingiustificati per chi è diverso, smettiamola di farci
ripicche inutili solo per il gusto di vedere soffrire l’altro. Apriamoci,
invece, alla comprensione dell’uomo e aiutiamoci a farlo visitando luoghi pieni
di storia e di emozioni lasciate da chi ci ha vissuto e ci ha lasciato, come a
San Pietro Infine.
0
oggi nei confronti dei suoi simili e di ciò che lo circonda. Ci chiamiamo homo
sapiens sapiens, ma non abbiamo neanche un briciolo di questa sapienza di
cui andiamo tanto fieri. Si sente in giro gente che, pur non avendo vissuto in
quell’epoca e non conoscendo in prima persona gli orrori della guerra, inneggia
ancora a Hitler o a Mussolini come eroi nazionali, professandosi nazista o
fascista! Quanta superficialità e stupidità c’è in giro! Quanta poca empatia
per le sofferenze altrui! La guerra non è un gioco, come fanno vedere nei
moderni videogiochi, in cui c’è un vincitore e un vinto, un nemico e un
alleato. Tutti sono perdenti, tutti sono assassini! Non esiste compassione, i civili
sono praticamente dimenticati e lasciati morire! Non c’è fine che giustifichi il
mezzo, ciò che conta è l’atto che si compie. Smettiamola, dunque, di provare
rabbia o rancore ingiustificati per chi è diverso, smettiamola di farci
ripicche inutili solo per il gusto di vedere soffrire l’altro. Apriamoci,
invece, alla comprensione dell’uomo e aiutiamoci a farlo visitando luoghi pieni
di storia e di emozioni lasciate da chi ci ha vissuto e ci ha lasciato, come a
San Pietro Infine.